Jacquère, l’alpino nel bicchiere
Viaggio in Savoia
Il tunnel del Monte Bianco è già alle spalle, la discesa verso Chamonix deve essere pericolosa per gli autoarticolati perché ci sono segnali stradali che avvertono del pericolo di ribaltarsi; in auto è tutt’altra storia, una lenta e sicura discesa consente anche di ammirare il suggestivo paesaggio. Questa è la Savoia. Appartenne al Regno di Piemonte-Sardegna e prima ancora al Ducato di Savoia che si originò nel 1416 dall’innalzamento di rango della Contea di Savoia. Oggi la Savoia è serenamente francese, acquisita per le note vicende storiche connesse alla costituzione dello Stato d’Italia. Ciò premesso, il nostro scopo non è storico, è viticolo, perché la Savoia enoica, pur essendo così vicina a noi, è di fatto più lontana dalla nostra indole di degustatori rispetto, per esempio, al Bordeaux, che è all’opposto geografico. Sicuramente chi ha frequentato le stazioni sciistiche s’è spesso imbattuto nei vini della Savoia, se non altro perché i vignaioli savoiardi, oltre che a curare i loro antichi vitigni, mantengono e propongono un consumo prettamente locale. Qui troviamo vitigni stranissimi e microlocalizzati.
Altesse (b), jacquère (b), gringet (b), molette (b), joubertin (n), persan (n),
servanin (n), verdesse (b) roussette d’Ayze (b) ed étraire de la Duï (n): ecco degli esempi. Alcuni sono custoditi in qualche filare, altri stanno rinascendo nelle IGP, come la verdesse, il persan e l’étraire de la Duï. Poiché molti di loro sono difficili da recuperare, ci siamo indirizzati sul jacquére, che è anche possibile rintracciare in qualche carta dei vini nei ristoranti in cui il sommelier è dinamicamente curioso. Premesso che i vini della Savoia non hanno raggiunto gli apici delle altre AOC francesi, ciò non significata che il loro carattere, il loro stile, la loro personalità non sia molto apprezzabile: e, credeteci, lo è! Innanzitutto è il vitigno a bacca bianca più diffuso della Savoia, circa 900 ha, e quasi sicuramente è originario di qui. La sua storica presenza ha fatto sì che si sia guadagnato molti nomignoli (sinonimi): cugnette, coufechien e cherché nell’Ain; buisserate nell’Isère, cugnéte nella Val d’Isera, molette de Montmélian nell’Haute-Savoie, e altri ancora, a testimonianza delle amorevoli cure a lui destinate. In merito all’origine tutti propendono ad assegnargli la discendenza dal gouais.
Sui pendii delle Alpi
La spiegazione? Semplice! Jacquère è un vitigno che gradisce i suoli ghiaiosi e calcareo-argillosi, e nella Savoia li trova. Si è anche ben adattato al clima continentale, stressato sia dall’influenza oceanica, sia da quella mediterranea, e comunque è caratterizzato da una variabilità stagionale anche estrema, quindi è l’esposizione migliore che farà la differenza. Poi piace ai vignaioli perché è vigoroso, affidabile, produttivo; chiaramente non possiamo aspettarci che sia capace di darci un vino che resista negli anni. I vigneron lo interpretano nella direzione enologica dell’essere semplicemente varietal, quindi poco legno (semmai non nuovo e non barrique) e molto acciaio, sosta sur lie, non solo per creargli della complessità gusto-olfattiva, ma anche per farlo uscire in versione perlant (briosamente e delicatamente frizzante) anche con un po’ di fondo.
Un vino che merita attenzione
Dal Jacquère ci si attende un colore paglierino/verdolino che sprizza brillantezza in qualunque modo si inclini il bevante. C’è molto floreale nel profumo: fiori primaverili, biancospino, mughetto e margherite; il vegetale può giostrarsi nei toni di melissa ed erba cedrina; il fruttato è tutto un agrume, pompelmo, limone e lime, talvolta susina gialla, pesca bianca, mandorla e mela verde. In certi cru, come Abymes, Apremont, Chignin e St-Jeoire-Prieuré, può impreziosirsi di un che di pierre à fusil. Il gusto lascia vibrare un’acidità a “carattere alpino”, perché crea una fredda, ma graziosa, fresca secchezza, grazie all’alcol che difficilmente traguarda il 12. Ha una liquidità sottile mediamente saporita, è lievemente amarognolo nella piacevolezza e il finale di bocca insiste in saporitissime note citrine. Normalmente la sua personalità organolettica non differisce molto da zona a zona, solo nell’areale di Chambéry sembra assorbire con più frequenza un po’ di sfumato silex e pietra focaia. Qualche produttore che merita attenzione: Abymes del Domaine Jean Perrier & Fils con la Cuvée Gastronomique, Apremont di Philippe Betemps, Apremont di Le Clos Saint-André Vieilles Vignes Philippe et Sylvain Ravier, Chignin di Jean-François Quénard e Autrement Blanc di Jacques Maillet; quotatissimo è il Crémant de Savoie del Domaine du Château de la Violette. In Savoia circolano alcuni aneddoti sulla facilità di beva del vino Jacquère; molti sono convinti che un bicchiere in più non faccia venire il cerchio alla testa (alcol basso), anche se ti fiacca un po’ le gambe; o addirittura che abbia effetti diuretici: “Où on le boit, on le pisse”.