Il Sagrantino raccontato da Massimo Tortora
Congratulazioni Massimo, dopo il Soave, Miglior Sommelier del Sagrantino. Hai sempre lavorato nel mondo del vino? O ti sei dedicato anche ad altre professioni?
Grazie delle congratulazioni. Il mondo del vino fa parte di me ormai da dieci anni. In precedenza ero impegnato nel mondo della nautica. Poi la passione mi ha spinto a frequentare il corso di sommelier, successivamente la scuola concorsi organizzata da Ais Toscana ed eccomi qua.
Parliamo un po’ di Sagrantino. Come ti sei preparato per il concorso?
Conoscenza della regione Umbria per la viticoltura e gastronomia, e la storia del vitigno; tra l’altro il Sagrantino ne ha tanta alle spalle. Inoltre, studio delle aziende produttrici e tanta degustazione, acquistando se possibile dalle cantine stesse, che devo dire sono state pronte ad accontentare la mia esigenza. Sarebbe semplice così, ma come si dice tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare… perché come molti altri miei colleghi il tempo per organizzare al meglio lo studio è davvero poco e alle volte a orari inconsueti. Io per esempio mi sono trovato alle tre del mattino con la cartina di Montefalco.
Quando si parla di Sagrantino, il pensiero corre subito a struttura, tannino, concentrazione. Ma è sempre così? O sarebbe meglio mettere in risalto altri aspetti?
Parliamo di un vitigno dalla forte personalità e dalla grande longevità. Saper aspettare è il più grande dono che possiamo fare a questo nobile vino. Ho avuto modo di poter assaggiare l’annata 2004 e 2005 durante la preparazione: bene, posso dire che mi sono emozionato dalla ricchezza dei profumi e dalla signorilità che ho trovato nel calice. Inoltre credo che come ogni altro vitigno abbia delle caratteristiche ben definite. Lo stesso vale per il Sagrantino. Differenze che lo rendono unico nel panorama enologico.
Faccio l’avvocato del diavolo. Dal sagrantino non si ottiene un vino molto conciliante all’assaggio: il disciplinare prevede tre anni di attesa per l’uscita dell’annata, ma alcuni produttori sono disposti ad attendere anche di più pur di addomesticarlo. Saresti disposto a rinunciare a un uvaggio 100% sagrantino? Ridurre la percentuale e aiutarti con qualche altro vitigno?
Mai e poi mai sarei d’accordo a rinunciare alla produzione in purezza. Un vitigno dalle profondi radici deve rimanere il protagonista assoluto. Inoltre, negli ultimi anni , l’offerta di vino con l’utilizzo del sagrantino è nettamente aumentata. Grazie ai produttori lo possiamo utilizzare come aperitivo con gustose bollicine metodo classico o nella versione ferma, entrambe rosé. Ci sono addirittura rossi, non a denominazione Docg, che vanno incontro alla stagione estiva da bere anche freschi. Se utilizzato con accortezza può dare dei risultati sorprendenti.
Montefalco, poi parte di Bevagna, Gualdo Cattaneo, Castel Ritaldi e Giano dell’Umbria: questi i comuni del disciplinare. Credi che sia possibile, allo stato attuale, individuare delle chiare differenze territoriali nei vini?
Certamente. L’areale del Sagrantino Montefalco Docg è suddiviso in quattro sottozone. Ognuna ha delle caratteristiche di terreno ben specifiche che rilasciano al vino sfumature sostanzialmente diverse. Renderle uniche per ogni comune, questo è impossibile perché ad esempio a Bevagna puoi trovare già differenze di terreno che richiama almeno due sottozone.
Hai avuto modo di farti un’idea sull’ultima annata in commercio? La 2016.
Dopo la prova scritta, la mattina, ho avuto modo di poter degustare Sagrantino dell’annata 2016, e credo che possiamo tranquillamente affermare che siamo di fronte a un’annata che gioca su un espressione di eleganza e scorrevolezza. La qualità dei tannini è davvero ottima, direi nobile. Le cinque stelle se le merita tutte, un ringraziamento va ai produttori.
Ci sono annate che hai particolarmente apprezzato?
Sicuramente ho ancora in mente la 2005 del Chiusa di Pannone, un “cru” prodotto dall’azienda Antonelli San Marco. Gelosamente ho ancora due magnum in cantina.
E produttori del cuore?
Sicuramente Antonelli San Marco, è stata la mia prima azienda di Sagrantino selezionata al locale nel 2010. Adanti, ho avuto modo di conoscere Rachele Adanti e la storia di questa straordinaria azienda. Antano Milziade con le vigne più vecchie dell’areale e Villa Mongali con l’etichetta Colcimino, un Sagrantino di razza.
Il Consorzio Tutela Vini Montefalco lavora da tempo sulla comunicazione, e i risultati si vedono, almeno a guardare gli ettari vitati e le relative bottiglie prodotte. Il Sagrantino, però, rimane un vitigno dalla personalità ben definita. Da sommelier, hai dei suggerimenti per diffondere la conoscenza e l’apprezzamento tra il pubblico?
Nel mio caso ho sempre avuto almeno due aziende di Sagrantino, alla vendita in precedenza, in carta al tavolo adesso, e le bottiglie si vendono. Sicuramente deve essere raccontato e magari con delle serate a tema il tutto diventa più facile. Nei nostri corsi AIS a Livorno è sempre presente in degustazione alla lezione sull’Umbria e solo questione di tempo e avrà la fetta di mercato che merita.
Per i più curiosi. Ti ricordi quali domande ti hanno proposto? Quali abbinamenti sono stati oggetto della prova?
Le domande erano un bel po’ dalla storia del vitigno, al disciplinare, alle foto delle aziende e produttori. L’abbinamento era un “tranello” da parte dei componenti della giuria nel senso che la preparazione era adatta ad un vino bianco piuttosto che ad un rosso. Come per esempio uno Spoleto Doc da uve trebbiano spoletino, la denominazione da poco fa parte del Consorzio Tutela Vini Montefalco.
Qual è il tuo prossimo obiettivo come sommelier AIS?
Da poco è stato confermato il concorso sul Pinot Nero, potrebbe essere il prossimo. Altrimenti l’obiettivo principale rimane quello del Miglior Sommelier d’Italia, un concorso completo e gratificante per la sola possibilità di partecipare.
Cosa consiglieresti a chi vorrebbe intraprendere la strada dei concorsi?
Tanto studio tanta pazienza inizialmente, ma credere fortemente a quello che si fa perché alla lunga i risultati arrivano. Ogni concorso, poi, è sempre un’ esperienza di crescita professionale e conoscenza.
Gherardo Fabretti