Francesco Gardi, campione di Calabria
Congratulazioni Francesco, sei il Miglior Sommelier della Calabria! Hai sempre lavorato nel mondo del vino? Come è cominciato tutto?
Lavoro nella ristorazione da oltre vent’anni. Il mondo del vino mi ha sempre incuriosito. Nel 2005 ho conosciuto l’AIS tramite alcuni colleghi di lavoro: decisi di frequentare il corso, e da lì si è aperto un mondo fantastico, fino ad allora per sconosciuto.
Completato il percorso didattico, capii che quello era solo l’inizio del mio approfondimento sul mondo del vino. Sono nell’AIS ormai da dodici anni. Solo il nostro presidente, Maria Rosaria Romano, puo raccontarvi da quanto tempo spingo per organizzare queste fantastiche giornate, utili per conoscere nuovi colleghi e confrontarsi, per avere una visione piu ampia di questo mondo. Oggi siamo alla terza edizione del concorso, e spero che questo continui tutti gli anni a venire.
Calabria. Due mari e quattro grandi realtà montane: Pollino, Sila, le Serre e l’Aspromonte. Tanti vitigni, tante denominazioni, tanto da studiare. In che modo ti sei preparato ad affrontare la prova?
Durante queste manifestazioni, secondo me, la prima cosa importante è conoscere il proprio territorio: la realtà vinicola locale, la cultura; soprattutto i produttori, per confrontarsi e capire qual è la filosofia aziendale. La Calabria è un territorio difficile, eppure, grazie ad alcuni produttori storici, e alla voglia dei nuovi emergenti, oggi possiamo essere orgogliosi dei prodotti che la nostra terra ci offre.
Sei cosentino. La tua provincia regala, tra l’altro, ottimi vini bianchi. Cosa ci dici della Calabria bianchista?
Come per i rossi, anche sui bianchi negli ultimi anni si è fatto un ottimo lavoro. Il greco di Bianco, che è il più diffuso su tutto il territorio regionale, offre vini di grande struttura, dagli ampi bouquet olfattivi. Il loro grado alcolico è elevato, visto che il sole non manca, ma è bilanciato dalla grande freschezza. Dimostrano, inoltre, grande longevità.
Poi abbiamo il pecorello: grande potenzialità, si lavora ancora per renderlo noto ai più. Non dimentichiamo poi il mantonico, dalle caratteristiche note erbacee e dal grande equilibrio tra morbidezze e durezze; a mio avviso il bianco più elegante.
Sempre a proposito di vitigni a bacca bianca, il Greco di Bianco e il Moscato di Saracena sono due eccellenze enologiche della tua regione. Come lavoreresti per ampliarne la conoscenza?
Innanzi tutto bisogna mantenere i risultati raggiunti fino ad oggi, e impegnarsi poi per migliorarli. Penso che il nostro territorio oggi abbia un grandissimo potenziale inespresso. Noi tutti, produttori e sommelier, possiamo crescere assieme.
Parliamo di rossi. Magliocco e Gaglioppo, assonanti alla pronuncia e dissonanti all’assaggio. Che ne vuoi parlare?
Partiamo dal gaglioppo. Vitigno autoctono di Cirò, zona storica e vocata al vino da millenni, si dice che qui i Greci introdussero i primi vinaccioli, e che da qui furono portati in tutta l’Europa occidentale. Fino a qualche anno fa dava dei vini pesanti, molto spigolosi, non adatti all’invecchiamento, ma, come dicevo prima, ci si sta lavorando molto: oggi i vini sono davvero equilibrati, complessi e adatti all’invecchiamento, oltre a regalare grandi rosati, di struttura notevole.
Il magliocco dolce, il vitigno principe della provincia di Cosenza, il mio territorio, dove nel 2012 è stata creata la dop Terre di Cosenza, la fa da padrone. Regala grandi rossi, strutturati ed equilibrati, forse un po’ rudi, anche se fa parte del suo carattere. Sono vini che abbinerei prevalentemente con selvaggina e formaggi stagionati.
E della spumantistica calabrese cosa ci dici?
Rispetto a Franciacorta e Trento siamo indietro anni luce, ma molte aziende locali oggi stanno investendo con ottimi risultati. Visto il trend al rialzo del consumo di bollicine, varrebbe la pena provarci. Spumanti metodo classico prodotti con uve coltivate da 0 a 1200 metri slm, dalle caratteristiche molto differenti ma di eguale finezza.
Ci sono vitigni meno noti che pensi meritino più spazio nel panorama della tua regione?
Da un recente studio del CNR di Torino pare che in Calabria ci siano circa 35 vitigni autoctoni dalle caratteristiche organolettiche differenti, tutti dal grande potenziale. Spero che fra qualche anno si parlerà della nostra regione e dei suoi vini come meritano.
La qualità dei vini calabresi è cresciuta notevolmente. Cirò è diventata il fulcro della riscossa. Dopo i Barolo Boys, i Cirò Boys. Con loro la regione ha dimostrato una vocazione alla collaborazione non comune. Come vedi il futuro del vino calabrese? Che suggerimenti vorresti dare ai produttori?
I Cirò boys hanno dato una marcia in più al gaglioppo. Soprattutto, i produttori storici hanno accettato la sfida, e oggi si vedono i primi risultati. Il consiglio che mi viene da dare? Più cooperazione, essere uniti da un obiettivo comune: divulgare il patrimonio enogastronomico calabrese, che è straordinario e unico.
Ci sono denominazioni, etichette, produttori che apprezzi in particolar modo?
Personalmente conosco moltissimi produttori calabresi, tutti da ammirare. Il mio obiettivo è conoscerli tutti di persona. Per quanto riguarda le denominazioni: Terre di Cosenza. L’ho vista nascere: è il mio territorio.
E fuori dalla Calabria?
Fuori regione preferisco approfondire la conoscenza dei territori che visito, dal più piccolo produttore al piu blasonato.
Per i più curiosi. Ti ricordi quali domande ti hanno proposto? Quali abbinamenti sono stati oggetto della prova?
La prova era abbastanza articolata. Non riguardava esclusivamente la nostra regione – è ovvio – ma il panorama mondiale del vino, oltre a birre, acque minerali, fino alle più curiose su sakè e tè.
Qual è il tuo prossimo obiettivo come sommelier AIS?
Quello di scoprire nuovi orizzonti, e di migliorarmi sempre. Sono consapevole delle mie lacune, e vorrei colmarle, se possibile, entro qualche anno.
Gherardo Fabretti