AIS Sardegna
La sede AIS in Sardegna e le sue delegazioni
Il territorio
Strapiombi spettacolari e rocce granitiche levigate dal vento, litorali sabbiosi e cale abbracciate dalla macchia mediterranea: un paesaggio che offre scorci mozzafiato, un’atmosfera fiera e tenace come i suoi abitanti, isolata come questa terra meravigliosa, che in estate, nelle località più esclusive, si anima di personaggi del jet set internazionale.
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- xxxx Corsi ogni anno
- xxxx Eventi regionali
- xx Bottiglie stappate
- x Nuovi sommelier ogni anno
La Sardegna e il vino
La superficie del vigneto sardo si estende su circa 26.244 ettari situati soprattutto in col- lina, con una produzione nel 2013 di circa 638.000 ettolitri di vino – 65.9% DOP e 14.6% IGP – prevalentemente rosso e rosato (56%).
Le uve a bacca nera occupano il 71% dell’area vitata e nel reimpianto delle vigne dopo la prima diffusione della fillossera nel 1883, si è puntato sulla salvaguardia del ricco patrimonio ampelografico, tanto che cannonau, nuragus, monica, vermentino e carignano rappresentano il 70% della superficie vitata.
Il vitigno a bacca nera che immediatamente richiama il vigneto sardo è il cannonau (30%) – nome che può essere associato solo alla denominazione Sardegna – geneticamente affine al francese grenache; secondo alcuni autori è presente sull’isola fin dall’età nuragica, secondo altri sarebbe legato alla dominazione spagnola. Coltivato in tutto il territorio regionale, è un vitigno a maturazione media, con acini dotati di una buccia rosso-violacea e relativamente sottile. Nelle espressioni più tradizionali i vini sono caldi e robusti, ma poco colorati e con spiccati profumi di frutti e fiori rossi; dopo evoluzione si arricchiscono di eleganti speziature e richiami di prugna secca.
Il carignano (7%) è diffuso prevalentemente nel sud-ovest dell’isola, su terreni sciolti e immerso in un clima particolarmente caldo, dove dà vini di colore intenso, con sfumature di marasca e prugna, spezie dolci, cioccolato e pepe nero.
Più diffuso nel centro e nel sud dell’isola è invece il monica (11%) – introdotto dai monaci greci – con piacevoli espressioni olfattive di mora e ciliegia, confetture di frutti rossi e spezie. Fino a qualche anno fa era impiegato nella elaborazione di un vino rosso passito, così come accade ancora per il girò, storicamente destinato a produrre un tradizionale vino liquoroso dalle spiccate note di ciliegia e cotognata, particolarmente caldo e vellutato.
Tra i vitigni meno conosciuti, il bovale sardo o muristellu e il bovale di Spagna (3%) sono impiegati per produrre vini ricchi di estratto e polifenoli.
Di lunga tradizione sono anche i vini ottenuti nel nord-ovest dell’isola dal cagnulari (1%), caratterizzati da un vivace colore rubino che si coniuga a profumi di piccoli frutti di bosco e note balsamiche, morbidezza e significativa nota pseudocalorica.
Il vermentino, vero alfiere dei vitigni a bacca bianca di Sardegna, è giunto probabilmente alla fine del XIX secolo dalla Corsica ed esprime pienamente la viticoltura dell’isola, occupando circa il 13% della superficie vitata. Trovato il suo ambiente ideale sui graniti galluresi – dove si esprime con struttura, mineralità e note olfattive di grande pregio – ha poi rivelato la sua forte personalità anche sui suoli più profondi del centro-sud dell’isola. Il vermentino dà in genere vini con ricche note di frutta a polpa bianca e fiori, erbe aromatiche e macchia mediterranea, minerali e morbidi, freschi e sapidi.
Molto diffuso nel sud dell’isola è il nuragus (11%), presumibilmente portato dai Fenici, adattabile e generoso, che dà un vino con colori tenui, profumi di fiori bianchi e mele, sapido e fresco. Nelle stesse zone, nel secolo scorso, era molto diffuso anche il semidano, oggi presente solo in alcune aree del Campidano di Oristano, spesso sostituito dal nuragus per la maggiore resistenza alle crittogame. Questo vitigno dà vini profumati di fiori e di pesca, con piacevole morbidezza.
Il torbato (1%) fu introdotto dagli Spagnoli e oggi, nell’area di Alghero, è impiegato per produrre spumanti metodo Martinotti di buon livello qualitativo, oppure vini fermi con intense note floreali e fruttate e dotati di notevole freschezza.
La presenza di alcuni specifici vitigni e il clima favorevole contribuiscono a mantenere viva la tradizione millenaria della produzione di vini da dessert. La vernaccia di Oristano (1.5%), introdotta probabilmente dai Fenici e coltivata nell’Oristanese, dà vini ambrati, caratterizzati da note di frutta secca, mandorla amara e miele di castagno, oltre che da una straordinaria persistenza gusto-olfattiva, risultato di un lento processo di ossidazione e concentrazione.
Anche la malvasia di Sardegna (1%), diffusa dai monaci greci e presente in Planargia e Campidano di Cagliari, è impiegata a volte per la produzione di vini dalla caratteristica ossidazione, ma nella maggior parte dei casi è elaborata per ottenere vini con un tenue residuo zuccherino e intense note floreali e di frutta matura.
Il moscato e il nasco – complessivamente 2% – sono stati diffusi dai Romani e oggi sono alla base della produzione di vini dolci dotati di notevole consistenza e di tutte le sfumature dell’oro antico, del topazio e dell’ambra, con profumi di albicocca disidratata e agrumi canditi, miele, datteri e fichi secchi, spesso caldi e straordinariamente morbidi.
I vitigni internazionali non sono molto diffusi. Un’interessante eccezione è l’area di Alghero, dove i risultati sono a volte eccellenti. In tutta l’isola si possono incontrare merlot e chardonnay, l’uno talvolta impiegato nel blend di alcuni vini rossi per limare alcune asperità delle uve isolane, l’altro come insostituibile compagno del vermentino nei bianchi più strutturati e longevi, affinati per qualche mese in piccole botti di legno.
Le zone vitivinicole
Le Delegazioni di AIS Sardegna
L’Associazione Italiana Sommelier è presente in Sardegna con 5 delegazioni:
- Cagliari
- Gallura
- Nuoro
- Oristano
- Sassari