AIS Toscana
La sede AIS in Toscana e le sue delegazioni
Il territorio
Uno skyline d’eccezione, quello toscano. La cupola del Brunelleschi e la Torre del Mangia, le torri di San Gimignano e quella pendente di Pisa, le colline verdissime e i marmi bianchi di Carrara, i cipressi di Bolgheri e i pini marittimi della costa grossetana. Il tutto immerso in un’atmosfera che profuma di arte e che incanta gli amanti della bellezza di tutto il mondo, con tratti morbidi e invitanti che contrastano con l’irriverente ironia del popolo toscano. Trasferirsi in questi luoghi magici per molti è un sogno. Solo alcuni lo realizzano e – a volte – producono ottimo vino.
- 13 Delegazioni regionali
- xxxxx Soci iscritti
- xxxx Corsi ogni anno
- xxxx Eventi regionali
- xx Bottiglie stappate
- x Nuovi sommelier ogni anno
La Toscana e il vino
Il vigneto toscano – 57.861 ettari disposti soprattutto in collina – è dominato dai vitigni a bacca nera (85%), con il sangiovese a recitare il ruolo di dominatore incontrastato. In Toscana, nel 2013, sono stati prodotti circa 2.657.000 ettolitri di vino, il 69% DOP e il 25% IGP.
Il sangiovese è il vitigno toscano per eccellenza, non solo perché occupa oltre il 65% del vigneto, ma soprattutto perché è la base della maggior parte dei grandi vini rossi della regione, dal Chianti al Brunello di Montalcino, dal Vino Nobile di Montepulciano al Morellino di Scansano. Il sangiovese è un vitigno che matura tra la fine di settembre e i primi di ottobre, predilige i terreni calcareo-argillosi ed è piuttosto esigente nei confronti dell’ambiente pedoclimatico. Per questo motivo non riesce sempre a esprimersi al meglio in purezza, rivelando a volte tratti un po’ troppo ruvidi e richiedendo, in questi casi, il taglio con vitigni tradizionali come canaiolo nero, malvasia nera o colorino, o internazionali come cabernet sauvignon, merlot e altri ancora. I sistemi di allevamento più diffusi per la coltivazione del sangiovese sono il guyot e il cordone speronato.
L’adattabilità del sangiovese a vari terroir e stili produttivi lo rende versatile e poliedrico. La costanza e la forza del sangiovese sono da ricercare nella sua spiccata e naturale acidità, che da un lato è garanzia di un’ottima longevità e dall’altro offre un’ottima bevibilità e versatilità nella creazione di interessanti abbinamenti. La magica combinazione di componenti acide e tanniche, integrate nell’ottima struttura, possono dare vita a versioni di sangiovese che mettono in luce grande eleganza come Brunello di Montalcino e Vino Nobile di Montepulciano, austerità come il Chianti Classico, potenza come il Morellino di Scansano, o addirittura freschezza e semplicità in numerosi vini da consumare quotidianamente.
Il sangiovese dà spesso vini dotati di una veste rosso rubino di media intensità, profumi di viola, marasca e frutti di bosco, che virano verso il cuoio e la terra, il sottobosco e il tabacco con l’invecchiamento, a volte accompagnati da note balsamiche e mentolate. Al gusto denota una struttura discreta, buona tensione acido-sapida e pseudocalorica, con tannini generalmente composti e un finale speziato e fruttato.
Oltre al sangiovese, i vitigni a bacca nera, suoi complementari storici, continuano ad avere un ruolo fondamentale negli uvaggi: nell’entroterra toscano, canaiolo nero (4%), malvasia nera e mammolo domano la natura un po’ dura del sangiovese in gioventù, mentre sulla costa sono diffusi il ciliegiolo e l’aleatico.
Il ciliegiolo (1%), prodotto soprattutto in Maremma, dà in genere vini mediamente colorati e intensamente profumati di ciliegia, sentori che lo rendono molto accattivante. Al contrario, il colorino (1%), altro gregario del sangiovese, offre un colore intenso e un ottimo apporto polifenolico.
L’aleatico (0.2%) si sviluppa in due areali ben definiti: la costa maremmana e l’Elba, e l’entroterra grossetano tra Sovana e Pitigliano, dove esprime le sue doti in deliziosi vini passiti ricchi di colore e sfumature di frutti di bosco e noce moscata, con una nota tannica appena abbozzata.
In Toscana hanno trovato un ambiente ideale anche diversi vitigni internazionali, quali cabernet sauvignon e franc (6%), merlot (6%), pinot nero e syrah. I cabernet erano presenti già oltre trecento anni fa a Carmignano, dove erano chiamati uva francesca, cioè francese. Negli anni ’90, il rivoluzionario cambio di disciplinare del Chianti e di altri vini, ha permesso al cabernet sauvignon e ad altri vitigni internazionali – come il merlot – di entrare nell’uvaggio come complementari del sangiovese, e da allora la loro diffusione è stata molto ampia. L’areale più famoso è Bolgheri, frazione di Castagneto Carducci: qui, i cabernet danno vini di altissimo livello, nei quali la toscanizzazione è evidente nella presenza di tannini raffinati e nella trasformazione delle varietali note erbacee in più frequenti ed eleganti sentori balsamici e mentolati.
Anche il merlot permette di raggiungere grandi risultati, soprattutto sulla costa tirrenica, grazie alla sua notevole capacità di adattamento nei terreni argillosi, dove esprime intensi accenti fruttati e ottima morbidezza.
Gli impianti di syrah sono stati favoriti da studi di zonazione che ne hanno evidenziato l’attitudine nei territori marittimi del Livornese e del Grossetano, delle Colline Pisane e della Lucchesia, oltre che in un nuovo areale come la Val di Chiana, in particolare a Cortona. Questo vitigno esprime colori pieni e profondi, ma soprattutto sentori di amarena e spezie dolci, trama gustativa di grande morbidezza e tannini ben integrati.
Infine, il difficile pinot nero rappresenta oggi la rivincita e la sfida di alcune zone pedemontane, in cui la viticoltura è stata sempre marginale, come il Mugello, il Casentino e l’Alta Lucchesia, nelle quali riesce a offrire le sue doti di eleganza e raffinato equilibrio.
Tra le uve a bacca bianca, il vitigno storico è il trebbiano toscano (7%), molto diffuso e apprezzato un tempo per le sue alte rese. Oggi è utilizzato in varie zone per elaborare vini bianchi semplici e il celeberrimo Vin Santo, presente in numerose denominazioni, sorte condivisa dalla malvasia del Chianti (3%), uva molto generosa e dotata di delicata aromaticità, che un tempo era utilizzata per ammorbidire il sangiovese nell’uvaggio chiantigiano.
La vernaccia di San Gimignano rappresenta solo l’1.5% del vigneto toscano ed è un vitigno autoctono a maturazione medio-tardiva. Queste uve esprimono le loro doti in vini particolari, con profumi delicati di mela selvatica e tiglio in gioventù e più complessi dopo evoluzione in legno, anche se il loro lato migliore è l’assaggio sapido e strutturato.
Tra le uve a bacca bianca, il vermentino (1.5%) è il vitigno più significativo della costa tirrenica, dove riesce a tradurre molto bene i vari terroir della Toscana marittima, come nell’area apuana o nel Bolgherese, con profumi che spaziano da note di mela, agrumi e frutta esotica a delicate nuance di erbe aromatiche e di macchia mediterranea, mantenendo decisa freschezza e sapidità,
Sempre sul mare si trova l’ansonica o inzolia, coltivata nelle isole del Giglio e d’Elba e sulla costa maremmana, dove dà vini che traducono il territorio con profumi di macchia mediterranea e un’ammiccante sapidità finale.
Storicamente, a Montalcino si coltivava il moscato bianco, chiamato localmente moscadello; la sua produzione è stata ripresa di recente, in particolare nell’area meridionale del comune, per elaborare un vino da uve raccolte in vendemmia tardiva, dolce e morbido, con profumi di albiccocca e pesca sciroppata.
Infine sia lo chardonnay, impiantato nella metà del XIX secolo a Pomino, ora presente in varie zone toscane, sia il sauvignon blanc diffuso sulla costa tirrenica, riescono a esprimere anche in Toscana la loro spiccata personalità in vini di ottimo livello qualitativo.
Le zone vitivinicole
Le Delegazioni di AIS Toscana
L’Associazione Italiana Sommelier è presente in Toscana con 13 delegazioni:
- Apuana
- Arezzo
- Firenze
- Grosseto
- Isola d’Elba
- Livorno
- Lucca
- Pisa
- Pistoia
- Prato
- Siena
- Val d’Elsa
- Versilia