AIS Valle d’Aosta
La sede AIS in Valle d'Aosta e le sue delegazioni
Il territorio
Una regione diversa per storia, tradizioni, territorio ed enogastronomia. Una regione dove si “coltiva la differenza” basata su un intreccio pedoclimatico con pochi uguali e su un patrimonio ampelografico unico e antico, elemento essenziale di una produzione limitata ma inconfondibile. Di sicuro non omologabile.
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- xxxxx Soci iscritti
- xxxx Corsi ogni anno
- xxxx Eventi regionali
- xx Bottiglie stappate
- x Nuovi sommelier ogni anno
La Valle d’Aosta e il vino
Un fazzoletto di terra, solo 286 ettari vitati dislocati per il 60% in montagna, con pendenze che a volte superano il 100%, nel 2013 ha dato circa 20.000 ettolitri di vino – 82% DOP – per 2/3 provenienti da sei cantine cooperative e per il resto da poco più di una trentina di aziende private. I vini rossi e rosati rappresentano circa il 60% del totale, altra peculiarità nell’ambito della viticoltura alpina, che in genere predilige la produzione di vini bianchi.
In un contesto pedoclimatico difficile, uomo e natura hanno selezionato nei secoli un inedito patrimonio di vitigni autoctoni che rappresentano il 65% della produzione e che, affiancati da alcune uve internazionali, danno vita al vino valdostano moderno.
Tra i vitigni autoctoni a bacca nera, il più coltivato è il petit rouge (20%), noto anche come pitchou rodzo, che appartiene alla famiglia degli oriou, antico ceppo di vitigni locali da cui sarebbero derivate alcune tra le principali varietà storiche regionali, come il vien de Nus. Vendemmiato in ottobre, dà vini intensamente colorati, dotati di ottima struttura e discreta acidità, con prevalenti note di amarena, marasca e frutti a bacca nera, che possono evolvere per 2-5 anni.
In ordine di diffusione si trova poi il fumin (8%), oggetto in questi anni di un ampio e opportuno recupero, sempre più spesso vinificato in purezza. Analogie genetiche e organolettiche con il piemontese freisa si esprimono in un vino intensamente colorato, rustico e vigoroso, fruttato e con frequenti sfumature erbacee, in grado di affinare con ottimi risultati sviluppando sentori di cuoio e sottobosco.
Il vien de Nus (2%), la cui esuberante produttività va tenuta a freno con un severo lavoro in vigna, matura piuttosto tardivamente, in ottobre, e offre vini rossi dotati di grande densità cromatica, vinosi e con intense sfumature di frutti a bacca rossa, morbidi e da godere in gioventù.
Interessanti ma marginali sono il cornalin o corniola – humagne rouge nel vicino Vallese – che dà vini lievemente speziati e di media acidità, tannici e adatti all’invecchiamento, e il mayolet, che tende a esprimersi in vini avvolgenti, caldi e di limitata acidità e per questo è spesso coltivato in posizioni meno soleggiate, utilizzato in prevalenza come complemento del petit rouge.
Esigente in fatto di esposizione luminosa e di altitudine non troppo elevata, il raro vuillermin è protagonista negli ultimi anni di selezioni massali realizzate dall’Institut Agricole Régional. In genere utilizzato in uvaggio, è potenzialmente completo per corredo aromatico, struttura e versatilità in abbinamento.
Naturalmente non mancano i vitigni internazionali.
Il più diffuso è il pinot nero (10%), seconda varietà a bacca nera coltivata in regione, declinato sia in versioni immediate e fruttate sia più strutturate e adatte all’evoluzione in legno. Seguono gamay, merlot e syrah, quest’ultimo particolarmente a suo agio nei terreni della Valle Centrale.
Tra i vitigni internazionali a bacca bianca il più coltivato è lo chardonnay (9%), che anche nel cuore delle Alpi raggiunge livelli di eccellenza, ma è significativa anche la presenza di müller thurgau (7%), che dà vini freschi e fragranti, floreali e fruttati, e soprattutto di pinot grigio (5%), a Nus tradizionalmente chiamato malvoisie, dal quale sono elaborati interessanti passiti. Episodica è invece la coltivazione di traminer aromatico e pinot bianco.
L’unico vitigno autoctono valdostano a bacca bianca è il prié blanc (10%). Coltivato a pergola bassa, resiste benissimo alla rigidità del clima alpino ed è quindi protagonista nella parte più alta della Valle d’Aosta, a Morgex, dove le vigne superano i 1200 metri, soglia estrema della viticoltura europea. Qui la fillossera non sopravvive e quindi si possono incontrare numerosi ceppi impiantati a piede franco. Il ciclo vegetativo è molto breve: germoglia tardi per sfuggire alle gelate primaverili e matura presto, perché la vendemmia deve anticipare le prime nevi autunnali. Il prié blanc è un vitigno versatile, che ultimamente ha dato interessanti risultati nella produzione di spumanti metodo Classico e dolcissimi Icewine, nei quali trasferisce tutta la sua freschezza e sapidità.
L’emergente petite arvine (8%) ha sconfinato dal contiguo Vallese e dà ottimi vini bianchi, minerali, freschi e longevi, in genere vinificati in acciaio, che dopo alcuni anni in bottiglia esprimono intensi profumi di agrumi dolci e miele e colpiscono per la lunga persistenza fresco-sapida.
Un vitigno autoctono molto originale è il prëmetta – o prié rouge o neblou – uva a bacca grigia che ad Aymavilles, Chambave e Saint-Denis è elaborata per produrre vini delicatamente rosati con lievi toni aranciati già in gioventù, speziati e appena freschi, ai quali una lievissima tannicità conferisce discrete doti di evoluzione.
Una citazione a parte meritano il nebbiolo e il moscato bianco, trasmigrati dal vicino Piemonte. In Valle d’Aosta il nebbiolo (5%) è chiamato picoutener o picotendro, a indicare un grappolo con peduncolo tenero e sottile, e ai consueti caratteri di complessità, struttura e tannicità che favoriscono la longevità, associa spiccate acidità e sapidità.
Le zone vitivinicole
Le Delegazioni di AIS Valle d’Aosta
L’Associazione Italiana Sommelier è presente in Valle d’Aosta con 1 delegazione:
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