Olga Schiaffino, medico campione di Liguria
Congratulazioni Olga. Sei la Miglior Sommelier della Liguria! Nella vita di tutti i giorni indossi il camice del medico, non il tastevin. Come ti sei avvicinata al mondo del vino?
Tutto è iniziato per curiosità! Volevo capire meglio il magico mondo racchiuso in un bicchiere di vino. Ho scelto un corso AIS perché mi era sembrato il più completo e l’associazione veramente autorevole in materia. Ho iniziato a frequentare i corsi nel 2012 e mi sono diplomata nel 2013. La passione è stata alimentata dalla mia delegata Liliana Pecis, che è stata, ed è, per me, una maestra, insieme a Marco Rezzano, ai brillanti relatori liguri, nonché dai miei compagni di corso, con i quali è nata un’amicizia ed un fruttuoso scambio di opinioni enoiche!
La Liguria è la terza regione più piccola d’Italia, eppure le differenze all’interno non mancano: la Riviera di Ponente è più legata al vicino Piemonte e sembra preferire il monovitigno; quella di Levante, al contrario, è incline all’uvaggio. La preferenza dei consumatori sembra favorire la visione di Ponente, e anche il Levante sembra avvicinarsi alle richieste del mercato. Tu cosa ne pensi?
Penso che sia importante raccontare in un vino il territorio e la sua cultura cioè assecondare le caratteristiche ampelografiche di una zona. Spetta anche a noi sommelier comunicare la bellezza e l’importanza di questa biodiversità, al di là delle mode.
Credi ci si riferisca un po’ troppo frequentemente alla locuzione “viticoltura eroica” quando si parla della tua regione? Non si rischia di impoverirne la forza comunicativa?
Un termine che sembra un’etichetta, che diventa sempre più povera di significato: diverse regioni vitivinicole vengono lette da questo punto di vista. La viticoltura può essere “ di per sè” eroica per gli sforzi, la tensione, l’imprevedibilità dalla natura e del clima. In Liguria (scusate il campanilismo) c’è qualcosa di diverso, che capisci quando ti affacci da uno strapiombo a Monterosso e vedi un ritaglio di vigna in mezzo alla macchia mediterranea, e ti chiedi “ come hanno fatto ad arrivare li?”, mentre il vento ti urla sul viso, con il mare che si muove incessantemente di fronte a te.
Ci sono denominazioni, etichette, produttori che apprezzi in particolar modo?
Una domanda difficile perché i vini liguri sono di altissima qualità e personalità! Un aneddoto: all’inizio della mia “carriera” da sommelier rimasi folgorata durante una degustazione a Vinitaly, nel 2013, dal Rossese Posaù di Giovanna Maccario. La Liguria non è solo una terra di grandi vini bianchi!!
E fuori dalla Liguria?
Adoro la Sicilia e in particolar modo i vini dell’Etna e spesso sono in vigna a seguire i lavori dei viticoltori; ho infatti seguito alcuni anni fa il corso di viticoltura etnea organizzato da Salvo Foti e Maurizio Pagano. Una esperienza davvero indimenticabile tra le viti centenarie condotte ad alberello!. Essendo relatrice AIS per Sicilia e Sardegna, non posso non amare anche il Cannonau, soprattutto quello della zona di Mamoiada, un luogo veramente magico. Recentemente, grazie ad amici toscani ho sviluppato una dipendenza da Sangiovese e appena posso cerco di approfondire sul campo le mie conoscenze!
Le ultime annate, nella tua regione, sono state incoraggianti. Ricordi bottiglie interessanti delle vendemmie 2016 e 2017?
Sono sicuramente state due annate interessanti. Eccone alcune che ricordo con particolare piacere: In Origine 400 di Andrea Marcesini (cantina La Felce), Pigato Le Russeghine 2016 di Bruna, Sarticola 2016 de la Baia del Sole, Pigato Bon in da Bon di Bio Vio, Solarancio 2016 di La Pietra del Focolare, Bonazolae 2017 di Cà du Ferrà, Bianco della Cantina Vetua, e i vini di Possa, Berette non filtrato 2016 di La Ricolla, Altrove di Walter de Battè, Rossese Bricco Arcagna 2016 di Terre bianche e il Luvaira 2016 di Maccario Dringenberg, Ormeasco Superiore 2016 di Tenuta Maffone, la Granaccia Superiore Beusi di Podere Grecale. Abbiamo davvero grandi eccellenze nella nostra piccola regione!
La denominazione Dolceacqua sembra lentamente assumere notorietà, anche se gli attacchi dell’insetto suzukii stanno colpendo duro la zona. Cosa ne pensi del rossese? Cosa faresti per farlo conoscere di più al pubblico?
Credo davvero che il Rossese sia un grande vitigno, e che nella denominazione di Dolceacqua i produttori regalino interpretazioni meravigliose, rispettando anche le differenze sensoriali apprezzabili nei singoli cru. Un vero outsider il Rossese dalla menzione geografica aggiuntiva Curli,un vigneto che appartenne al sindaco di Perinaldo, Emilio Croesi, che Veronelli indicò come una “Borgogna in Liguria“. Ho sempre cercato di promuoverlo anche all’interno delle nostre delegazione regionali e quindi organizzare eventi dedicati. Anche un ” viaggio” itinerante attraverso l’Italia per presentare il vino, la storia ed il territorio sarebbe senz’altro una bella e stimolante iniziativa. A proposito, io sono disponibile!
Vermentino e Pigato, due eccellenti vitigni della tua regione. Come li descriveresti per distinguerli e comunicarli al meglio?
Due vitigni che ricordano i Dioscuri, figli di Giove e Leda, considerati i protettori di naviganti e sempre uniti, nonostante le diverse specificità, nel compiere gesta epiche. Infatti raccontano un territorio attraverso la loro tipicità: il Pigato a Ponente, con delicate note di erbe aromatiche e i sentori idrocarburici e il Vermentino, principe soprattutto nel Levante, con generosi sentori di frutta esotica e di note salmastre e iodate. Vini di sublime eleganza e complessità, che esprimono la poesia della mia terra.
Sei un medico psichiatra, specializzato anche in omeopatia, omotossicologia e discipline affini. Ci viene spontaneo chiederti la tua opinione sulla biodinamica, e sul vino naturale.
Una maggiore attenzione e cura della terra che abitiamo è sicuramente auspicabile. Ho recentemente organizzato un evento volto a divulgare e a far conoscere le differenze tra vini biologici, biodinamici, naturali perché il consumatore deve essere informato e capace di leggere un’etichetta. Sono comprensibilmente favorevole a una conduzione biodinamica; credo inoltre che, oltre alle certificazioni, sia importante “vedere” la vigna e le cantine. Spero in una maggior sensibilità in materia, non solo determinata dalla “moda” e da esigenze di mercato. Altro punto irrinunciabile: il vino deve essere buono e fatto bene, anche se “naturale”, e molti produttori sanno regalare autentiche emozioni con i loro prodotti .
A proposito, circa quattro anni fa ho iniziato una collaborazione con Salvo Foti sull’Etna, per la conduzione con un protocollo omeopatico creato ad hoc in una porzione di vigna a contrada Calderara, versante Etna nord a 700 mt slm. Abbiamo imbottigliato le prime cento bottiglie di nerello mascalese e il risultato è davvero incoraggiante. Vi terrò informati!
Per i più curiosi. Ti ricordi quali domande ti hanno proposto? Quali abbinamenti sono stati oggetto della prova?
Quante emozioni ancora nel ripensarci! L’abbinamento chiesto nel test scritto era una preparazione a base di maiale, salsa di yogurt e spezie con un vino italiano. Io ho raccontato un vino che conosco molto bene e che amo, Aetneus, un nerello mascalese da vigne centenarie ad alberello de I Custodi delle vigne dell’Etna. La prova scritta di comunicazione, invece, su un vino “capolavoro” di Walter de Battè, Altrove, l’essenza del Mediterraneo nel blend roussanne, marsanne, bosco e vermentino.
Nella prima prova orale, un menu composto da un antipasto e un primo di pesce e una seconda portata di cacciagione da abbinare a due vini liguri, Ho scelto il Viorus di Massimo Alessandri (Viognier e Roussanne) e il cru Luvaira , uno dei vellutati Rossese della Cantina Maccario Dringenberg . Alla domanda di abbinare un solo vino ligure non ho avuto dubbi: ho proposto il Dueluglio, un metodo classico da Ormeasco di Tenuta Maffone, una vera rarità!
Qual è il tuo prossimo obiettivo come sommelier AIS?
Il seminario di abbinamento cibo e vino e, spero, l’abilitazione per altre lezioni del secondo livello. Mi sembra importante approfondire sempre di più le mie competenze e conoscenze, grazie agli strumenti offerti dalla nostra associazione. Sicuramente come obiettivo il concorso nazionale: ho già iniziato a prepararmi; uno studio “matto e disperatissimo” per dirla alla Giacomo Leopardi. I concorrenti sono tutti molto bravi, dei veri campioni. Vorrei fare bene per rappresentare al meglio la mia regione. Spero di inoltre di poter essere presente ad eventi sul vino ligure (e non solo) e di comunicarlo con passione e professionalità!
Gherardo Fabretti