Maura Gigatti, Miglior Sommelier dell’Emilia
Congratulazioni Maura. Sei la vincitrice della prima edizione del concorso Miglior Sommelier dell’Emilia. Raccontaci, come ti sei avvicinata al mondo del vino?
Grazie! Mi sono avvicinata al mondo del vino per lavoro. Sono titolare di un ristorante che propone cucina di tradizione, e non solo. La mia curiosità, spinta da obiettivi professionali, mi ha coinvolto a trecentosessanta gradi. Dopo il diploma di sommelier ho deciso di iscrivermi al Master di Comunicaizone della scuola di cucina ALMA, a Colorno, in cui i confronti con i miei compagni di studio mi ha portato a nuove esperienze e a nuovi orizzonti. Numerosi i corsi AIS, numerosi i corsi a cui ho partecipato… eccomi a rispondere alle domande. È importante essere umili e mettersi in gioco: la curiosità arricchisce la cultura, e con la cultura si impara l’umiltà.
Ti sei fatta le ossa partecipando ad altri concorsi. Sei stata campionessa del master sul Lambrusco prima e su quello dedicato al Primitivo poi. Adesso l’Emilia. È stato molto difficile trovare materiale sui cui studiare? Come hai fatto a prepararti al meglio?
Se provate a entrare in casa mia, prendete paura! Non c’è stanza in cui non ci siano pile di libri che reclamano la mia attenzione. Tanto internet, poi: ogni pagina on line ne apre un’altra per approfondire il tema di studio.
L’Emilia è anche la tua regione. Come la descriveresti dal punto di vista vinicolo? Quali sono i tuoi produttori del cuore?
Considero l’Emilia come lo stato evolutivo di un vino: è giovane. Tanta voglia di riscatto, dopo l’abuso del “Lambrusco Coca Cola” e delle uve destinate ai tagli di altre regioni. Ho nel cuore alcuni produttori, ma essendo l’ambasciatrice dell’Emilia, per par condicio, preferisco dire che tutti sono i migliori!
In quali direzioni va, secondo te, l’Emilia del vino?
L’Emilia sta iniziando un percorso molto importante. Sa di avere un potenziale molto importante sia per produzione sia per qualità. Alcuni produttori hanno capito l’importanza del territorio e stanno proponendo al mercato grandi vini, grazie anche alla comunicazione, ancora poco sfruttata.
Ci sono zone ancora un po’ in ombra. Penso ai Colli Piacentini, e ai Bolognesi, anche se proprio lì molti giovani sembrano portare un po’ d’aria fresca. Cosa ne pensi?
I Colli Piacentini sono nel mio cuore. Una realtà giovane che grazie ai vitigni autoctoni e a quelli di recente scoperta (ad esempio la Malvasia Rosa, studiata per vent’anni da Mario Fregoni, oggi prodotta solo da tre aziende), sta valorizzando il territorio. I produttori sono giovani, conoscono perfettamente le tecniche di viticoltura dei padri ma anche le nuove. Sono molto attivi: si informano, partecipano a corsi di comunicazione. Soprattutto, fanno gruppo.
I Colli Bolognesi hanno la forza, il valore di un territorio molto importante. Grazie ai vitigni come la barbera, e agli internazionali, ho avuto occasione di assaggiare alcune “riserve” davvero emozionanti.
Sei una grande amante del Lambrusco, a cui hai anche dedicato un articolo sulla rivista Vitae. Perché questa passione?
Portrei dire che è il vitigno portabandiera del mio territorio. Negli anni Settanta, ahimè, il mercato voleva un vino semplice, dolce, con un tenore alcolico basso. È stato considerato la “Coca Cola” che l’America amava. Oggi racconto il suo riscatto al tavolto dei miei ospiti.
Ortrugo, Malvasia, Pignoletto: tre vitigni a bacca bianca, poco noti al di fuori della regione, sembrano finalmente uscire un po’ dall’ombra. Come li valorizzeresti?
Con tanta comunicazione. Il sommelier sta tornando finalmente nei ristoranti, e la sua figura è gradita agli ospiti. Ricordo quando ho iniziato, qualche anno fa: spesso si era guardati male; psicologicamente il messaggio era che la bottiglia sarebbe stata pagata tanto. Ora è passata. Inoltre, grazie agli studi genetici, sono stati fatti tanti passi avanti. La comunicazione sociale e il marketing aiutano molto.
Assieme al tuo compagno, Mariano Chiarelli, hai fondato il ristorante I du matt, a Parma. Come hai concepito la carta dei vini?
Non voglio rivelare i chilometri della mia auto, ma vi assicuro che ne ha fatti tanti. Amo viaggiare e conoscere i produttori, raccontare le loro storie ai miei ospiti. La carta non è banale: ci sono molte perle enologiche – come le definisco io – scovate tramite i miei viaggi per cantine.
Dall’anno scorso fai parte dell’associazione Le Donne del Vino, con le quali hai partecipato al concorso internazionale Feminalise di Parigi, in qualità di degustatore. Che ruolo hanno oggi le donne nel mondo del vino?
Tanta strada da percorrere, tantissima strada fatta! Il mondo del vino, maschilista di natura, può tranquillamente collaborare con le donne. Ha capito che le nostre idee e gli obiettivi si possono raggiungere insieme, e con risultati eccellenti.
Qual è il tuo prossimo obiettivo come sommelier AIS?
Sono appena diventata relatrice AIS delle regioni Valle d’Aosta e Piemonte; mi sto preparando per un secondo esame, che farò prossimamente. Prima lo studio: non manca molto al concorso per Miglior Sommelier d’Italia. Chissà.
Gherardo Fabretti