Il clima cambia i paesaggi del vino
Quanto il cambiamento climatico è in grado di stravolgere i paesaggi vitivinicoli? Ce lo siamo chiesti sabato 25 novembre nella Sala del Maggior Consiglio di Palazzo Ducale, durante la Convention Nazionale AIS, con la tavola rotonda aperta al pubblico ”Paesaggio e cambiamenti climatici”, con protagonisti l’esploratore Alex Bellini, il climatologo di fama internazionale Luca Mercalli, il paesaggista e direttore artistico Radicepura Garden Festival Antonio Perazzi, il presidente di Coldiretti Ettore Prandini e il responsabile comunicazione in rappresentanza della Commissione Europea in Italia Massimo Pronio. In apertura sono intervenuti il presidente nazionale di Ais Sandro Camilli, il presidente di Regione Liguria Giovanni Toti, l’assessore al Commercio del Comune di Genova Paola Bordilli e l’Università di Genova rappresentata da Adriana Ghersi. A moderare l’incontro Luciano Ferraro, vicedirettore del Corriere della Sera. Nel corso del convegno, i relatori hanno riflettuto su temi come ecosostenibilità e cambiamenti climatici, le cui conseguenze mettono a nudo la fragilità del paesaggio.
Luca Mercalli: resta poco tempo
Climatologo, glaciologo e presidente della Società meteorologica italiana, Luca Mercalli ha preso molto seriamente la piega presa dal clima negli ultimi decenni, tanto da avere deciso di trasferirsi per almeno sei mesi all’anno, insieme alla moglie, in una baita a Vazon, nell’alta Val Susa, nel comune di Oulx, a 1650 metri sotto il monte Cotolivier, sulle Alpi Cozie. Il perché lo spiega già con il titolo del libro che ha pubblicato nel 2020: “Salire in montagna. Prendere quota per sfuggire al riscaldamento globale”.
Affrontare il cambiamento climatico – dice al vicedirettore Ferraro – prevede due strategie differenti: la mitigazione e l’adattamento. “Di mitigazione se ne vede poca: nel 2022 le emissioni sono state più alte che mai; io ho scelto l’adattamento, trasferendomi a 1600 metri di altezza“. E se qualcuno ritiene che la sua sia una scelta esagerata, risponde: “gli eventi estremi stanno trasformando il mondo in un territorio climatico inesplorato. Pensiamo all’uragano Otis: in meno di 24 ore è passato da tempesta tropicale a uragano di categoria 5“. Otis, secondo gli esperti, è stato l’uragano più forte mai registrato in Messico, e tra quelli in più rapida intensificazione al mondo, almeno dal 1979, primo anno dell’era satellitare, dal 1979. “Un episodio del genere, in paesi economicamente fragili, stravolge il futuro dei suoi abitanti“.
E dal punto di vista agricolo – chiede il vicedirettore del Corriere? “Quest’anno ha raccolto pomodori a 1600 metri – risponde Mercalli. E parlando di vino: “oggi le esposizioni a nord-est e nord-ovest in Langa non sono più un tabù. Allo stesso modo ci si avventura a quote più alte, per alleviare lo stress termico e pluviometrico. Guardiamo il fiume Po: l’anno scorso a fine luglio la portata era di 100 metri cubi al secondo, la più bassa di sempre, tanto da permettere al mare di risalire e rendere salmastra l’acqua di irrigazione. E questo è solo l’antipasto: tutte le zone del delta finiranno per essere sommerse“.
Il ruolo della politica? Fondamentale, ma inadeguato: la Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (SNACC) costituisce un importante strumento di analisi con l’obiettivo di identificare i principali settori che subiranno gli impatti del cambiamento climatico, definendo gli obiettivi strategici e le azioni per la mitigazione degli impatti, eppure, allo stato attuale, “è un documento che sta nel cassetto dei ministeri. Se non diamo tutti il giusto peso ai prossimi sei anni, imprimere una svolta sarà impossibile“.
Ettore Prandini: ragionare a livello globale
Per Ettore Prandini, dal 2018 presidente di Coldiretti, la principale organizzazione agricola italiana, è necessario ragionare a livello globale: “l’Europa è responsabile del solo 6% di emissioni. Dal 1990 le percentuali di emissioni di Brasile, Messico, Cina, India, USA sono cresciute, mentre l’Europa ha ridotto le proprie del 18%; l’Italia addirittura del 22%“.
Le chiavi di volta, secondo Prandini, sono due: una maggiore sensibilizzazione dei paesi in testa per emissioni, e un rafforzamento del ruolo dell’Europa in ambito globale. “L’Italia ha aumentato i propri investimenti in agricoltura del 200%, ma non basta. Abbiamo bisogno di investimenti lungimiranti, come i bacini di accumulo, e la manutenzione delle dighe attualmente costruite, a fronte di una piovosità sempre più violenta”. Anche nel settore vinicolo è necessario adeguarsi: “tante denominazioni del nostro territorio vietano l’irrigazione d’emergenza, ma i disciplinari dovrebbero riflettere i mutamenti dell’epoca“.
Alex Bellini: i segni visibili del cambiamento climatico
Alex Bellini, esploratore italiano diventato noto al pubblico per le sue imprese estreme, tra cui le traversate oceaniche a remi, in solitaria e in completa autonomia, ha navigato i dieci fiumi più inquinati del mondo, lanciando il progetto 10 Rivers 1 Ocean, allo scopo di promuovere una maggiore comprensione e conoscenza dell’inquinamento da plastica e, al tempo stesso, proporre un nuovo metodo di comunicazione per comprendere e interpretare le cause dell’attuale crisi ecologica.
A bordo di zattere costruite con le sue mani, a partire da materiale di recupero raccolto nelle vicinanze dei fiumi, Alex ha solcato Nilo, Niger, Indo, Gange, Amur, Hai He, Fiume Giallo, Yangtze, Mekong e Fiume delle Perle: “in cinque anni di viaggio la cosa che mi ha colpito di più è stata non trovare, in proporzione, tanta plastica nel Pacifico quanta me ne sarei aspettata“. Tutt’altro che un buon segno: “la plastica non rimane in superficie, ma si accumula in tutta la colonna d’acqua, in profondità. Recuperarla sarà impossibile, perché tanto è più distante dalle acque territoriali quanto lo è dalla percezione delle persone“. La maggior parte di noi, ancora legata a una visione dell’inquinamento limitata ai confini di casa propria, non farà nulla per invertire la tendenza: se l’acqua di nessuno, anche i rifiuti lo sono.
Antonio Perazzi: dalle piante un aiuto enorme
Antonio Perazzi, paesaggista e direttore artistico di Radicepura Garden Festival, invita a coprire il terreno con più verde possibile; piante preferibilmente, non alberi, la cui gestione è troppo onerosa e incerta, oltre ai lunghi tempi di attesa. “Piantare una pianta è sempre segno di ottimismo; in più ha una enorme funzione mitigante, non solo come corridoio naturale per le specie animali ma anche per la capacità di ridurre le temperature negli ambienti circostanti“. Soprattutto nelle città, “il giardinaggio è una cosa seria: scegliere un catalogo di piante adeguate al luogo in cui ci si trova richiede mestiere ed esperienza“. I lecci dei tanti viali del Nord Italia, ad esempio, non sono più adatti a questi inverni siccitosi, mentre il canforo lo è.
Massimo Pronio: esempio attraverso le prese di coscienza individuale
Massimo Pronio, responsabile della comunicazione della Commissione Europea in Italia, ricorda come l’Unione Europea abbia varato iniziative come la strategia sulla biodiversità per il 2030, un piano complessivo, ambizioso e a lungo termine per proteggere la natura e invertire il degrado degli ecosistemi, portando la biodiversità dell’Europa sulla via della ripresa entro il 2030.
Altro intervento importante è il Regolamento UE che obbliga gli Stati membri a ripristinare entro il 2030 il 20% delle aree terrestri e marittime e il 15% dei fiumi – iniziativa oggi unica al mondo – e a recuperare, entro il 2050, tutti gli ecosistemi che necessitano di azioni di ripristino. Passi importanti, che però dipendono anche dai singoli Stati e dall’esempio di ciascuno, forse la cosa più importante in assoluto.