Facile, anzi troppo facile e scontato, sarebbe parlare dei Vini dell’Azienda Donne Fittipaldi, che risiedendo a Bolgheri in Via Bolgherese, la potremmo abbinare all’identificazione dei cipressetti alti e schietti e al loro duplice filar di Carducciana poetica.
Non è così che la racconteremo quest’azienda di cinque donne della famiglia Fittipaldi Menarini. Cinque donne che niente avevano di attinenza con il vino, e non semplicemente inteso come vigna da spremere, ma di bicchiere da cui sorbirlo.
Siamo nelle terre dei conti della Gherardesca, care ai toscani di stirpe ghibellina e ancor di più agli amanti del sommo Dante che del conte Ugolino ne fece un cannibale durante la sua prigionia nella Torre Muda a Pisa, cosa fortunatamente confutata in successivi rinvenimenti e studi.
A queste donne dedicatesi alla terra è più attinente il film “Speriamo che sia femmina” di Mario Monicelli; chiaramente niente di riferibile agli intrecci umani e sentimentali esposti nella pellicola, bensì a un intuibile attaccamento a recuperare storia e a tradizione del fare agricoltura in versione young way.
La tenuta “Pineta” si alligna tra Bolgheri e Castagneto Carducci, di certo terroir d’elezione e di eccezione per i nobili Cabernet Sauvignon, Merlot, Cabernet Franc, per il Petit Verdot e il Malbec, un po’ meno per il Sangiovese e infine per un sorprendente Sauvignon Blanc.
All’assaggio del Sauvignon Blanc la mente fugge incontro al surrealismo cromatico di Giores, che Maria (la mamma) e le figlie Serena, Valentina, Carlotta e Giulia, vollero per una magica performance chiamata “Stolen Bottles”. Colore e materia intorno alle gambe di una donna, a una bottiglia.
Va dato molto onore e molto merito genial-intellettuale per un’intuizione così destrutturante della cromaticità materiale all’interno d’una materialità liquido-alcolica, che nel muovere emozioni si appaga della bellezza dell’etichetta, in un connubio mentale pieno di armonia.
Stupisce in questo terroir Bolgherese il Sauvignon Blanc IGT Toscana delle Donne Fittipaldi: Bolgheri e Toscana non eccellono certo per i bianchi, però questo Sauvignon è da raccontare.
Sì! Fa caldo a Bolgheri, un caldo che stempera il disarmonico vegetale del Sauvignon, ne affievolisce l’input amaricante, ma potrebbe destrutturarlo in quella piccante componente acidula che lo personalizza.
Invece è un Sauvignon con un gran fruttato, con quella parte di esotico e tropicale che a nord ci mettono anni per plasmare; c’è anche del vegetale, ma sì delicato e fine che lo pomodor verdeggiante sfugge e rifugge a favore di un vagito di pepe verde e cappero. Infine, c’è lo stupore vero, quello d’una dimensione acrobatica nel bilanciamento acido/sapido, con desueta mineralità per un bianco in questo terroir e un finale di bocca pieno di frutta verde, fresca, sana: organic direbbero a New York City.
Le signore Fittipaldi sembrano intenzionate a progredire nel pianeta vino, dando lustro ad astri enologici, sia intrisi di psichedelia cromatica in etichetta, quanto compatti nella liquidità; dicono che faranno altri vini. Che dire? Certo non possiamo uscire con “speriamo che sia femmina”, ma “speriamo sia bianco”, ce lo consentiranno.
AIS Staff Writer